Sole e invecchiamento cutaneo

La pelle o cute rappresenta la componente più estesa del nostro apparato di rivestimento o apparato tegumentario, rappresentando di conseguenza la nostra prima forma di interfaccia e il nostro primo mezzo di difesa dagli agenti atmosferici, primo fra tutti il sole.

La luce solare è composta da raggi cosmici, raggi gamma, raggi X, radiazioni ultraviolette (suddivise in UVA, UVB e UVC), radiazioni infrarosse e radiazioni a radiofrequenza, che viaggiano nello spazio sotto forma di onde elettromagnetiche e vengono differenziate sulla base della lunghezza d’onda.

Il 40% della quota che raggiunge la terra costituisce la luce visibile, il 55% dall’infrarosso e il 5% dalle radiazioni ultraviolette (o UV) a loro volta prevalentemente costitute dal 99% di UVA e 1% di UVB (le UVC vengono fermate dallo strato di ozono). Queste percentuali possono variare in relazione a diversi fattori quali: altezza del sole nel cielo (ora del giorno, stagione, latitudine), altitudine, nuvolosità, vento, regione geografica, superfici riflettenti e porzione di cielo visibile.

Tirando le somme le 2 principali radiazioni con cui veniamo in contatto nel contesto dell’esposizione solare sono 2: UVA e UVB.

Gli UVA entrano in contatto con l’uomo, arrivando fino al secondo strato della pelle cioè il derma. Attraversando l’epidermide, i raggi UVA provocano la pigmentazione diretta dovuta alla maturazione della melanina già presente nelle cellule. Giungono poi al derma dove si disperdono e vengono assorbiti.

Gli UVB, invece, entrano in contatto con l’uomo solo in piccolissima quantità arrestandosi nello strato dell’epidermide dove stimolano la produzione di nuova melanina da parte del melanocita (la cellula deputata a questa funzione). Trasportando però una grande quantità di energia, possono causare problemi alla cute, come l’eritema e soprattutto il fotoinvecchiamento.

Esistono diverse sostanze che l’organismo può utilizzare nel controllo/controbilanciamento dei danni:
Si rivela sicuramente essenziale tutto il pool di sostanze che intervengono nella catena di risposta allo stress ossidativo, semplificando Vitamina E, Vitamina A Vitamina C, Glutatione) Fenilalanina, Metionina, Selenio e vitamina B10 o (PABA).

L’ azione protettiva si manifesta con un meccanismo a catena ovvero generalmente le prime risposte possono essere fornite dalla vitamina E e/o dalla vitamina A (sostanze liposolubili depositate a livello delle membrane cellulari costituendo il primo fronte di risposta difensiva) che a loro volta rendono innocuo il radicale libero divenendo a loro volta specie potenzialmente nocive, quindi interviene la vitamina C che subisce un destino simile e a sua volta viene processata dal glutatione, molecola poi rigenerabile grazie a reazioni enzimatiche cellula.

La vitamina A può essere assunta anche assunta anche sotto forma del suo precursore, il betacarotene, che oltre a mostrarsi biologicamente attivo già in questa forma dà origine a due molecole di vitamina A.

Il glutatione, la sostanza che chiude il cerchio, risulta molto difficile da assumere per bocca in quanto troppo facilmente andrebbe in contro a processi digestivi e denaturanti a livello dello stomaco e dei primi tratti intestinali andando perso.

Utilizzando invece il suo principale precursore (la cui carenza limiterebbe la produzione da parte dell’organismo): N-Acetilcisteina insieme al Selenio, essenziale nel suo metabolismo sarà possibile favorire una piena efficienza ed efficacia.

Oltre al supporto dei meccanismi di risposta allo stress ossidativo, si rivela molto importante supportare la produzione di melanina, questo può essere fatto mediante una corretta fornitura di L-Fenilalanina, aminoacido essenziale (non producibile dall’organismo) alla base dei processi di sintesi della melanina e PABA in quanto agente promotore dei processi di sintesi che coinvolgono la L-Fenilalanina.

Oltre a tutte queste forme di supporto “metabolico” esiste anche una forma di supporto “strutturale”?
Si, un supporto strutturale può essere fornito favorendo la produzione di collagene, che costituisce una sorta di “impalcatura” strutturale anche a livello cutaneo.

Tra le diverse sostanze studiate, l’idrolizzato di collagene di origine marina è quello che sembra dare risultati più favorevoli, come tutti gli idrolizzati di collagene, infatti, fornisce sia “materiale di costruzione” sia stimolo alla costruzione, ma rispetto a quelli di origine bovina o suina, quello di origine marina, secondo alcuni autori, sembra avere una performance superiore a livello cutaneo.

da www.nutrifarma.it